Il cielo come misura del tempo

In questo articolo troverete molte informazioni sui calendari antichi, ovvero su come i popoli del passato utilizzarono i fenomeni celesti per misurare il tempo. Vedremo perché essi scelsero il cielo come riferimento per le loro misurazioni e scopriremo le caratteristiche dei primi calendari lunari e di quelli solari. Questa tematica risulta molto utile anche a chi si interessa di astrologia perché attraverso lo studio degli antichi metodi di computo del tempo si vede concretamente come il cielo si muova e come l’uomo si sia relazionato a questi fenomeni.

Un calendario lunare risalente a 24.000 anni fa, inciso su avorio di mammuth, appartenente al sito paleolitico siberiano di Mal’ta.

Per quanto ne sappiamo, l’interesse dell’uomo per il cielo e i suoi moti si intensificò molto quando, durante la preistoria, si passò gradualmente da una forma di vita perlopiù nomade ad una stanziale. Questo periodo corrisponde al momento in cui l’agricoltura si sostituì sempre di più alla raccolta e alla caccia per quanto riguarda il metodo per procacciarsi il cibo. Storici ed antropologi ipotizzano che ciò sia dovuto alla necessità di una maggior precisione nello stabilire la durata delle fasi del ciclo stagionale, conoscenza molto importante per individuare ad esempio il momento migliore per seminare. Si trattò quindi in sostanza di concepire un buon calendario, ed è interessate osservare che la maggior parte dei popoli della terra pare abbia proceduto in modo simile.

La natura dà molti segnali in concomitanza dei passaggi da un periodo all’altro dell’anno: la caduta delle foglie o lo spuntare dei nuovi germogli, le migrazioni di molte specie di uccelli, il letargo di alcuni animali come orsi e ghiri, l’innevamento delle montagne o di certi passi che le attraversano. Tuttavia questi elementi sono soggetti a una certa variabilità e non consentono perciò una grande precisione. Al contrario i moti del cielo sono estremamente regolari e perciò diventarono ben presto la base per il conto e la suddivisione del tempo.

I cambiamenti osservabili nel cielo utili a stabilire una data e a misurare la durata del ciclo annuale sono fondamentalmente di due tipi: il primo fa riferimento alle posizioni reciproche di Sole e Terra, mentre il secondo chiama in causa anche le stelle del firmamento. Ma facciamo un passo indietro e partiamo dal sistema forse più antico, quello che si ritiene sia stato seguito dall’umanità mentre ancora non aveva popolato degli insediamenti stabili.

I primi metodi di computo del tempo

Gli esperti, archeoastronomi e antropologi, ci spiegano che nei tempi più remoti, quando lo stile di vita dell’umanità era ancora di tipo nomade, il principale riferimento utilizzato per annotare il trascorrere del tempo non era il Sole né le stelle, bensì la Luna. Il motivo di ciò starebbe nel fatto che le popolazioni di allora, in continuo movimento dietro gli spostamenti della selvaggina e alla ricerca di territori dove ottenere un buon raccolto di frutta e vegetali spontanei, non potevano avere come riferimento per le proprie osservazioni alcun orizzonte stabile. Senza questo elemento fondamentale (l’orizzonte) per definire i movimenti del Sole e degli astri, le popolazioni nomadi dovettero accontentarsi del riferimento costituito dal ciclo sinodico della Luna, ovvero dell’osservazione del formarsi e del susseguirsi delle sue diverse fasi. Purché il cielo sia abbastanza sereno la Luna è visibile ovunque ci si trovi e le sue fasi molto ben riconoscibili.

Ci sono rimaste testimonianze risalenti al Paleolitico che mostrano come gli uomini fin da allora avessero cominciato a prendere nota del numero di giorni che separa i diversi momenti del ciclo lunare, per esempio attraverso delle tacche incise su ossa. In questo tipo di reperti si possono notare dei segni più marcati distanziati in maniera regolare da ventinove o trenta tacche minori, ovvero esattamente il numero di giorni necessari alla Luna per compiere il suo intero ciclo in relazione al Sole, il mese lunare. Ritrovamenti simili sono stati registrati in molti luoghi sparsi per tutta la Terra, per esempio in Francia (Dordogna), in Africa (Congo) e nel Wisconsin in Nord America.

Misurare il tempo esclusivamente attraverso l’osservazione del ciclo lunare tuttavia genera degli inconvenienti perché questo ciclo non si raccorda facilmente con il ciclo stagionale annuale. In un anno infatti si formano perlopiù 12 Lune, ma accade periodicamente che ve ne sia una tredicesima.

L’anno lunare, fatto di 12 lunazioni, dura infatti 354 giorni, perciò vi è uno scarto di 11 giorni abbondanti rispetto l’anno solare-tropico. Ciò genera uno sfasamento tra calendario lunare e ciclo stagionale che anno dopo anno diviene sempre maggiore: dopo appena 2 o 3 anni i solstizi e gli equinozi non si trovano più nel medesimo mese lunare, ma in quello successivo. Per ovviare a questo inconveniente ben presto sono nati i primi tentativi di unificare i due cicli in un unico calendario di tipo lunisolare. Per fare questo si cominciò ad inserire periodicamente un mese aggiuntivo, detto intercalare, all’anno lunare in modo da colmare lo scarto, e questo sistema nel tempo fu via via perfezionato.

Tutti i mesi lunari avevano inizio con la comparsa nel cielo serale del primo sottile falcetto di Luna, e terminavano con il novilunio. Un’ eccezione a questo schema lo troviamo solo presso il popolo dei Celti, che iniziavano il mese sempre al primo quarto crescente, ovvero quando, dopo i primi delicati giorni di visibilità, la Luna ha raggiunto una forza e una luce sufficiente.

Ma cerchiamo ora di comprendere le informazioni che gli antichi poterono ricavare invece dai comportamenti del Sole durante i vari momenti chiave dell’anno. Come accennato sopra, ciò fu possibile una volta che lo stile di vita stanziale permise di utilizzare uno stabile profilo dell’orizzonte come punto di riferimento per l’osservazione del cielo.

Il calendario solare-stagionale

Il primo sistema per dividere il tempo e individuare la data all’interno del ciclo stagionale annuale è anche il più diffuso e prevede l’osservazione del Sole nel suo movimento giornaliero. Se guardiamo il cielo rivolti a sud, ogni giorno il Sole sorge alla nostra sinistra, raggiunge la sua altezza massima per quel giorno davanti a noi, e poi cala tramontando verso destra. Ho utilizzato le parole “sinistra” e “destra” anziché “est” e “ovest” perché soltanto nei giorni di equinozio l’alba e il tramonto avvengono precisamente in quelle direzioni. Nel resto dei giorni dell’anno il Sole sorge e tramonta in dei punti leggermente differenti, e proprio questo permette di collocare ogni data all’interno del calendario solare-tropico.

Gli archi che la nostra stella disegna sopra di noi possono essere abbastanza differenti durante i differenti periodi dell’anno e da ciò dipende la lunghezza delle giornate, intendendo con ciò il numero di ore di luce in rapporto a quelle di buio. D’inverno il Sole sorge piuttosto tardi e in un punto dell’orizzonte abbastanza spostato verso sud: in questa stagione il suo arco è basso e tramonta già nel pomeriggio in un punto più a sud dell’est. Al contrario d’estate, quando le giornate sono lunghe, vedremo il Sole fare un ampio ed alto semicerchio nel cielo; esso sorge ben oltre l’est, verso nord, e allo stesso modo tramonta tardi alquanto verso nord-ovest.

Se immaginiamo di osservare ogni mattino il punto preciso sull’orizzonte dove avviene il sorgere del Sole, vedremmo quindi questo punto spostarsi durante l’anno tra due luoghi estremi, uno a sud-est e l’altro a nord-est. Dal giorno del solstizio d’inverno fino a quello del solstizio d’estate il punto in questione si muoverà da sud verso nord (da destra verso sinistra immaginando di essere rivolti a est); poi si fermerà e riprenderà il suo spostamento invertendo la rotta tra il solstizio d’estate e quello invernale. Come detto, nelle giornate dei due equinozi il Sole sorge perfettamente ad est, nel punto medio tra i due estremi solstiziali.

In molti luoghi della terra i vari popoli hanno lasciato traccia di speciali luoghi dedicati a questo tipo di osservazioni, che possiamo chiamare monumenti-calendario, o calendari di pietra. Il più famoso è naturalmente il sito di Sthonenge, nel sud dell’Inghilterra.

In un secondo articolo sempre dedicato agli antichi calendari affronteremo invece in che modo i diversi popoli abbiano utilizzato il riferimento delle stelle fisse e le loro fasi per scandire i ritmi all’interno del ciclo annuale e misurare il tempo.

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